Viaggio nel profondo della mente: svelati i misteri della meditazione tibetana, tra neuroscienze e antiche discipline orientali
Sulle cime innevate dell’Himalaya, immerse nella quiete millenaria dei monasteri buddhisti tibetani, si nasconde una conoscenza profonda e affascinante: i segreti del cervello durante la meditazione. Un team di ricercatori dell’Università di Pisa, spinti da un’insaziabile curiosità per le potenzialità della mente umana, ha deciso di intraprendere un viaggio straordinario alla scoperta di questi misteri.
Nel monastero di Sera Jey, in India, un luogo sacro dove la meditazione è praticata da secoli con dedizione e disciplina, dei ricercatori hanno incontrato i monaci, custodi di una tradizione spirituale antica e preziosa.
Protagonisti di questa ricerca senza precedenti, un gruppo di monaci esperti, che dedicano alla meditazione fino a otto ore al giorno per anni, immersi in ritiri spirituali. Attraverso dispositivi indossabili non invasivi, i ricercatori hanno monitorato l’attività cerebrale, cardiaca e respiratoria di questi abili meditatori, durante le loro pratiche quotidiane.
L’obiettivo è svelare i segreti neurali di due diverse tipologie di meditazione: la meditazione concentrativa e quella analitica. Nella meditazione concentrativa, i monaci raggiungono uno stato di consapevolezza priva di contenuti mentali,f ocalizzandosi unicamente sul presente. Nella meditazione analitica, invece, la mente si concentra su un oggetto di riflessione, come un concetto filosofico o morale, analizzandolo in ogni sua sfaccettatura.
Analizzando i tracciati elettroencefalografici, i ricercatori hanno scoperto che le due tipologie di meditazione attivano pattern neurali distinti. Nella meditazione concentrativa, si osserva un drastico cambiamento nella potenza del segnale elettroencefalografico, soprattutto nelle bande di frequenza associate all’attenzione e alla vigilanza. Questo cambiamento diventa più marcato con l’aumentare dell’esperienza del meditante. Suggerisce inoltre che la pratica rafforza la capacità di focalizzare l’attenzione e di sopprimere i pensieri distraenti.
Un aspetto interessante è che questo cambiamento si verifica solo nella meditazione concentrativa, mentre nella meditazione analitica il pattern elettroencefalografico rimane più simile a quello di uno stato di riposo vigile.
Queste scoperte aprono nuove strade alla comprensione degli effetti della meditazione sul cervello e sulla mente. Ulteriori studi potranno approfondire i meccanismi neurali alla base degli stati non ordinari di coscienza indotti dalla meditazione e il loro potenziale impatto sul benessere psicofisico. Lo studio, pubblicato sulla rivista “Frontiers in Psychology”, rappresenta un passo importante nella ricerca sulla meditazione e i suoi effetti sul cervello. Grazie alla collaborazione con i monaci tibetani, i ricercatori dell’Università di Pisa hanno potuto ottenere dati preziosi.
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