Dietro la timidezza e le difficoltà classiche dell’adolescenza, si cela qualcosa di più profondo e sconosciuto: l’ansia sociale
Quante volte abbiamo sentito frasi come “è solo timido” oppure “eh sai, è l’adolescenza”. Tutte giustificazioni che tendono a nascondere qualcosa di più grave che purtroppo si riscontra in sempre più ragazzi. Non è colpa della timidezza, ma è l’ansia sociale.
Perché l’ansia sociale è in aumento
La pandemia ha sicuramente avuto un ruolo importante. I ragazzi, costretti all’isolamento, hanno perso occasioni di socializzazione e di confronto, elementi essenziali per lo sviluppo personale. Questo ha acuito le difficoltà di chi già soffriva di ansia sociale, ma ha anche creato nuovi casi.
Inoltre, l’uso smodato dei social media non aiuta. L’immagine distorta della realtà che spesso viene propinata online, con vite e corpi perfetti, può far sentire inadeguati e accrescere il senso di disagio. Anche i videogiochi online, se utilizzati in maniera eccessiva, possono diventare un rifugio virtuale per sfuggire alle interazioni sociali reali.
Lo psichiatra Francesco Cuniberti ci mette in guardia: i genitori tendono a sottovalutare alcuni campanelli d’allarme, come se i problemi legati all’ansia fossero ancora un tabù. Invece, è fondamentale parlarne, ascoltare i nostri figli e intervenire tempestivamente per evitare che il disagio si cronicizzi. Il dialogo deve essere costante e aperto, sempre. Non solo in caso di problemi e se il figlio non riesce ad esternare i propri disagi, lo sport è un ottimo alleato contro l’ansia. Oltre a scaricare la tensione, da anche la possibilità di socializzare e conoscere molte persone, stando staccati per qualche ora, dai cellulari.
Come riconoscere i segnali d’allarme?
Non è sicuramente facile fare i genitori, penso davvero che sia il lavoro più difficile al mondo. Ma molto spesso i genitori non conoscono i propri figli e sicuramente viceversa. È per questo che se c’è un cambiamento interno del ragazzo, molto spesso non viene notato. Dobbiamo sempre notare i campanelli d’allarme e se il ragazzo non parla, dobbiamo esaminare discretamente come si comporta e cosa fa.
Ad esempio, se il ragazzo/a non vuole più andare a scuola, evita gli sport e tende a chiudersi sempre di più in se stesso, i genitori devono riuscire a farlo parlare. Se non con loro direttamente, con uno psicologo. Il dialogo è fondamentale, ma deve essere costruito nel tempo. Non aspettiamo che il problema si manifesti per iniziare a parlare: è necessario avere sempre un clima di apertura e fiducia, in modo che il ragazzo si senta libero di confidarsi.
È importante ricordare che l’ansia sociale, se riconosciuta e curata tempestivamente, può essere superata. Aiutare un ragazzo in giovane età è sicuramente più facile che intervenire da adulto, quando il problema si è già cronicizzato.