L’acqua potabile è attualmente a rischio di contaminazione, tanto che sono stati presentati esposti alle Procure competenti, evidenziando un pericolo imminente per la salute.
Uno dei rischi rilevanti associati all’incolumità delle risorse idriche è legato alla diffusione dei ben noti Pfas, un acronimo inglese che identifica le “perfluorurate sostanze alchiliche”. Originatisi nei primi anni ’40 come composti chimici di sintesi, oggi constatiamo la presenza di oltre 4.000 sostanze appartenenti alla vasta famiglia dei Pfas, caratterizzate da diverse proprietà chimiche e potenziali impatti sull’ambiente e sulla salute umana.
Acqua potabile a rischio contaminazione
Queste sostanze, ampiamente utilizzate nei processi industriali, resistono notevolmente ai naturali processi di degradazione grazie a legami robusti tra atomi di fluoro e carbonio. Non solo, essendo mobili, persistenti e tossiche, rappresentano una potenziale minaccia per la salute umana e l’ambiente.
Se gestiti in modo non adeguato durante le fasi industriali, i Pfas possono infiltrarsi nelle risorse idriche e accumularsi nelle piante, con rischi per la catena alimentare ancora in fase di studio.
Presentate denunce alla Procura
Ulteriori ricerche scientifiche, come riportato dal sito della Fondazione Veronesi, hanno portato l’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, a segnalare un aumento dei livelli di colesterolo nell’uomo. Altri studi evidenziano alterazioni a livello di fegato, tiroide, sistema immunitario e riproduttivo, insieme a alcuni tipi di neoplasie.
L’esposizione maggiore ai Pfas avviene attraverso il cibo e l’acqua. È comprensibile quindi la preoccupazione che ha spinto Greenpeace Italia a presentare quattro denunce alle Procure di Torino, Ivrea, Alessandria e Novara.
Queste procure sono competenti nei territori dove un’indagine recente di Greenpeace ha evidenziato contaminazioni da Pfas nelle acque potabili. Greenpeace chiede alle autorità giudiziarie di adottare le misure necessarie per evitare la somministrazione di acque contenenti Pfas alla popolazione, oltre a verificare la possibilità di configurare reati di disastro ambientale o innominato, e di omissione di atti d’ufficio per la mancata osservanza della normativa sull’accesso agli atti.
Inoltre, Greenpeace evidenzia un problema di fondo: secondo l’organizzazione, i limiti attuali di legge mettono i cittadini a rischio di esposizione a quantità pericolose di Pfas. Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia, spiega che finora chi dovrebbe garantire la sicurezza della cittadinanza ha cercato di minimizzare il problema. Ungherese sottolinea che esiste una discrepanza tra le preoccupazioni della comunità scientifica e il limite stabilito dalle norme europee, fissato a 100 nanogrammi per litro per la somma di 24 molecole, che entrerà in vigore solo nel 2026.